Il viaggio di Felicia

Manuela (20/09/2019) - Voto: 4/5
Ho letto "Il viaggio di Felicia" spinta dall'entusiasmo che mi aveva procurato la visione dell'omonimo film. Penso però che il libro vada oltre, insinuandosi dentro gli oscuri meandri dell'animo del protagonista, il signor Hilditch che, nel libro assume tratti che mi hanno commosso e portato quasi ad una sua assoluzione o quanto meno a un non-giudizio. Degno di nota il capitolo, quasi un inciso, che però riappare alla fine del testo narrativo e che è la parte che nettamente si discosta dal film, ovvero quando ci s'immerge nelle luci di un città vista e percepita con gli occhi dei senzatetto. "Non c'è arroganza, tra la gente della strada, non c'è orgoglio che tenga nei profili dei dormienti, nessun residuo di un passato corrotto. Hanno superato la fase della disperazione". Una lettura molto toccante, che porterò con me a lungo.
Lina (04/07/2014) - Voto: 5/5
capolavoro assoluto! un thriller psicologico agghiacciante (ma non pulp) che svela il volto insospettabile del male e ci lascia un protagonista indimenticabile. Hitchcock lo avrebbe adorato!
Giuseppe Russo (16/07/2013) - Voto: 4/5
Non lo considero in assoluto il miglior romanzo di Trevor, e credo che la popolarità del libro usufruisca anche molto dello splendido adattamento cinematografico realizzato da Atom Egoyan nel 1999, tanto che è pressoché impossibile pensare a Hilditch senza dargli il volto di Bob Hoskins. Ciò nonostante, il libro ha merito di riscattare in modo clamoroso negli ultimi 4 capitoli un andamento che, forse a dispetto delle intenzioni dell'autore, nelle prime 180 pagine è piuttosto prevedibile: ragazza sola e fessacchiotta che, provenendo dalle campagne irlandesi, incontra in città uomo di mezza età depravato e con doppia personalità modello Jekyll/Hyde. Ad un certo punto lei potrebbe essere morta, lui in preda a un possibile rimorso. E invece no. Invece l'uomo è molto peggio di quel che sembra e la ragazza sa cavarsela anche su terra incognita, a modo suo. Le strade che i due prendono hanno però in comune una forte componente autopunitiva che affonda le sue radici nella religiosità cristiana britannico-irica, e questa riflessione sul polimorfismo della colpa è di sicuro una cifra essenziale del mondo trevoriano.
umberto (22/09/2012) - Voto: 5/5
Anche se non tutti i personaggi sono convincenti, ho trovato molto riuscito il modo in cui l'autore "gioca" con i sentimenti e le emozioni dei suoi protagonisti, riuscendo ad avvolgerli come una tela di ragno attorno al lettore.
stefano (08/06/2008) - Voto: 3/5
lo stile che rimabalza in continuazione tra presente e passato alla lunga può infastidire. Per fortuna i flash back sono frequenti ma non così lunghi da far perdere il filo. Veramente interessante la figura del dirigente.