Ninfa dormiente

cri (18/01/2021) - Voto: 5/5
secondo libro che leggo di questa scrittrice, mi sono avvicinata a lei perchè friulana come me ! ero curiosa di leggere storie ambientate in posti che conosco e che ho visitato e così ho iniziato con fiori sopra l'inferno , mi è piaciuto ed ho acquistato anche ninfa dormiente. sono a tre quarti del libro e la storia mi rapisce ed a tratti mi inquieta , oramai sono Teresa Battaglia addicted !!
Daisy (13/01/2021) - Voto: 2/5
Ho letto "Ninfa dormiente" dopo aver letto "Fiori sopra l' inferno" che mi era piaciuto molto, ma sono rimasta delusa. Poca suspense, trama inconcludente come pure il finale, a tratti noioso e poco coinvolgente. Non credo leggerò altro della scrittrice.
moreno63 (21/12/2020) - Voto: 3/5
Buona scrittura. Trama ben articolata ma, in alcuni passaggi, un pò ridondante. Finale, forse, un pò compresso.
sam (16/11/2020) - Voto: 4/5
Inizio un po' lento, imputabile al linguaggio un po' barocco per i miei gusti, anche se comunque é un libro nel suo insieme, ben scritto. Quando la storia inizia a dipanarsi tra presente e passato le cose si fanno più interessanti, suggestiva e ben caratterizzata l'ambientazione, bei personaggi, vengono scandagliati a fondo, sembrano reali bilanciando cosi gli eventi più improbabili della vicenda. Interessanti i rimandi a culture esistenti non molto conosciute.
Renzo Montagnoli (06/11/2020) - Voto: 3/5
Il primo romanzo di Ilaria Tuti che ho letto è stato l’ultima opera di questa narratrice friulana e si tratta di Fiore di roccia, un riuscito omaggio al duro e pericoloso lavoro delle portatrici nel corso della Grande Guerra. L’impressione che ne ho ricavato è stata positiva, tanto che l’ho giudicato buono e non un capolavoro a causa di una certa discontinuità logica, presente in tutte le parti, meno in quella finale. Poi, come i gamberi sono andato a ritroso e ho letto Ninfa dormiente, lavoro di tutt’altra natura, un thriller per intenderci dove si trova di tutto: dal bellissimo disegno di una ninfa addormentata realizzato con il sangue a una valle, per certi versi misteriosa, la Val Resia, abitata da popolazioni di origini slave in cui si svolge buona parte del romanzo, il tutto avvolto da un alone di mistero e condito da scomparse e uccisioni di esseri umani in modo decisamente sanguinario. E’ un’indagine difficile e pericolosa quella che conducono il commissario Teresa Battaglia e il suo aiutante l’ispettore Massimo Marini, in un ambiente paradisiaco quale può essere una valle alpina, ma anche ostile, teso a conservare un segreto con qualsiasi mezzo; a ciò si aggiungono le problematiche personali dei due poliziotti e che occupano una parte non trascurabile del romanzo che, se da un lato procede con la giusta tensione che si richiede per un thriller, dall’altro s’ingarbuglia sempre di più con l’introduzione di riti sciamanici e di cerimonie sacrificali con aspirazioni anche esoteriche, però mai concretizzate. Inoltre, mano a mano che si procede diventa sempre più difficile districarsi fra realtà e turbe psicologiche, tanto più che l’origine del tutto risale al 20 aprile 1945 e si perpetua negli anni successivi in un guazzabuglio di morti ammazzati perché non parlino e di altri che invece spariscono perfino dalle tombe del cimitero. Francamente, mi aspettavo di meglio.