Il settimo manoscritto

Robin (29/09/2019) - Voto: 4/5
La semplicità descrittiva di questo autore è disarmante. Mi piace perché nella sua genuinità è più grande dei tanti "Umberto Eco" del nostro tempo. Sa come si tiene desta l'attenzione del lettore, attraverso le sue trame sempre corpose e intriganti. Non è mai esagerato o volgare. E, soprattutto, è autentico! Da leggere: merita!
Grazia (21/09/2018) - Voto: 3/5
Ho ricevuto questo libro dalla Newton Compton per essere iscritta al Club dei Lettori. Premetto che non amo particolarmente i thriller, ma devo ammettere che ho trovato, inizialmente, questo romanzo particolarmente intrigante; la cover è molto particolare, ha attirato subito la mia attenzione! La storia parte molto bene, incuriosisce e tiene incollato il lettore fino alla fine. Peccato che il finale mi ha un pò deluso, mi sarei aspettata un finale diverso, un pò meno affrettato. Il linguaggio è semplice, scorrevole e la storia è ben delineata. Consigliato a chi piace il genere.
Raffaella Bianchi (03/01/2017) - Voto: 4/5
Dopo “ Il quadro maledetto ”, ecco l’opera seconda di Fabrizio Santi, ambientata sempre a Roma ma con un protagonista differente. Giulio Salviati è uno scrittore romano di gialli, in crisi d’ispirazione dopo aver pubblicato alcuni libri di successo. Inaspettatamente uno sconosciuto gli propone, pagandogli una cospicua ricompensa, di indagare sul furto dell’Unicum, un manoscritto cinquecentesco trafugato dal monastero di S. Gregorio al Celio. Salviati, in parte perché ormai a corto di soldi, in parte perché non riesce a scrivere un nuovo romanzo, accetta la proposta. Si ritrova così a indagare su questo manoscritto, che parrebbe senza valore né letterario né economico. Eppure nella vicenda lo scrittore troverà sul suo cammino ben due omicidi e una setta segreta dai fini misteriosi. Ad aiutarlo nel tentativo di risolvere il mistero c’è Elena, una giovane che lavora alla biblioteca Angelica, dove Salviati si reca per cercare tracce dell’ Unicum in altri libri. Lo stile di Fabrizio Santi è sempre gradevole e la suspense è supportata da una buona dose di autoironia del protagonista. La caratteristica che ho apprezzato di più in questo giallo, come nel precedente, è la descrizione precisa, che non diventa mai fine a se stessa o pedante, di vie, luoghi, monumenti, dell’atmosfera stessa di Roma: si percepisce l’amore dell’autore per la sua città. Non manca, come nel romanzo precedente, un'aura di esoterismo che avvolge sia il manoscritto rubato, sia alcuni dei personaggi che il protagonista incontra nelle sue ricerche. E la fine del giallo, di cui non rivelo alcun particolare, lascia avvolto il lettore nel rinvio a un mistero imponderabile ma esistenziale che l'autore lascia intuire, così come era avvenuto ne " Il quadro maledetto ".