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Veleno. Una storia vera
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GiuliaD
(07/09/2020) -
Voto: 4/5
Si può raccontare la storia vera di una storia senza verità? Pablo Trincia ci è riuscito. Veleno racconta lo scandalo della Bassa Modenese che, negli anni Novanta, ha sottratto decine di bambini alle proprie famiglie. Il motivo? La presunta appartenenza dei genitori a una setta di pedofili satanisti. Trincia, con la collega giornalista Alessia Rafanelli, ha condotto un’inchiesta sulla vicenda, diventata prima un podcast e poi un libro. Ma Veleno è molto più di un libro in cui nulla è stato romanzato; è il racconto di infanzie interrotte e famiglie mutilate, di vite cancellate da una spirale di menzogne non si sa quanto consapevoli. Ma è anche una storia di professionisti che, nella foga di trovare risposte, hanno dimenticato di cercare le domande giuste. Trincia non accusa nessuno. Trincia racconta, creando nel lettore smarrimento prima, dolore e indignazione poi. Riporta in modo crudo e dolente una vicenda torbida, in cui la verità non sembra un punto d’arrivo ma un punto di partenza; in cui gli assiomi sono troppi e le ipotesi troppo poche. L’autore dà spazio a lettere scritte dai genitori ai figli lontani, piene di errori di ortografia, di rassicurazioni e di promesse mai mantenute; piene di paura e, al contempo, di tentativi vani di celarla. Le pagine di Veleno provano a rinsaldare famiglie smembrate per sempre, e a rendere un tributo a chi per questa storia si è tolto la vita. Al centro di tutto restano loro, i bambini sradicati oggi adulti ammaccati; gli unici testimoni di un massacro avvenuto solo in menti troppo giovani, ancora troppo plasmabili. In questa tragedia Trincia si immerge fino in fondo, a costo di uscirne ammaccato anche lui. La sua voce di padre, pregna della storia e dei suoi protagonisti, intensifica la potenza del libro; e quando si arriva all’ultima pagina, si vorrebbe tanto che la storia fosse stata romanzata. Per riuscire, forse, a soffrirne un po’ meno.
Giodemu
(07/09/2020) -
Voto: 4/5
All’apparenza, la vicenda narrata presentava tutti i caratteri del classico “caso” da dare in pasto all’opinione pubblica assetata di vendetta e di giustizia sommaria, seppure in epoca pre-social. Una vicenda terribile, a base di pedofilia e violenze (morali e fisiche) assortite, con spruzzate di satanismo e necrofilia. Mirandola e Massa Finalese, piccoli centri della Bassa modenese, tra il 1997 e il 1998 furono teatro dell’allontanamento di ben 16 minori dalle proprie famiglie perché era emersa una serie di violenze a cui venivano sottoposti da parte di una banda di pervertiti mascherata da setta satanica e composta in buona parte da genitori e parenti delle vittime, con la partecipazione di alcuni sacerdoti. Una storia raccontata da Trincia con grande equilibrio, dribblando i rischi del voyeurismo morboso e della retorica consolatoria. Però, a un certo punto, la narrazione effettua una vera e propria inversione a U, ripercorrendo i capitoli della storia sotto una nuova luce, arrivando a una sorprendente versione dei fatti, non meno agghiacciante della precedente. Superficialità, leggerezza, cinismo, con il corollario inevitabile di rilevanti interessi economici: tutto ciò emerge con chiarezza dall’analisi accurata dell’operato di forze dell’ordine e magistrati e, soprattutto, delle consulenze tecniche di medici e psicologi. Una serie di confessioni indotte, atte a confermare tesi precostituite. I bambini, se sottoposti a simili pressioni, sono capaci di mentire e purtroppo il contagio della menzogna si estende come un veleno, appunto. Pablo Trincia, con la collaborazione di Alessia Rafanelli, rinnova la grande tradizione del “giornalismo letterario”, e con una scrittura limpida e scevra da facili effetti speciali, ma tenendo sempre ben presente i dilemmi etici di cui storie come questa sono disseminate, squaderna una serie di lati oscuri della natura umana (e cioè di tutti noi) inoculando nei nostri pensieri dubbi e riflessioni, come la vera letteratura deve fare.
Agnese
(04/09/2020) -
Voto: 5/5
Osserviamo quella piccola goccia corrompere e infine distruggere: una goccia di veleno. Poche frasi di un bambino, alcuni comportamenti ritenuti strani ed ecco delinearsi una storia nerissima fatta di accuse di pedofilia, riti satanici notturni ed anche uccisioni. Quasi irreale; eppure tra il 1997 e il 1998 in due paesi della Bassa Modenese questa tragica vicenda ha devastato intere famiglie. Nessuno poteva ritenersi al sicuro, né familiari né conoscenti, mentre il numero dei bambini coinvolti cresceva e cresceva. Domande e sospetti e dubbi, gli stessi che abbiamo noi oggi. Cerchiamo quindi di capire chi ha davvero versato la prima goccia di veleno, lasciandoci guidare nell'indagine dal giornalista Pablo Trincia che è coraggiosamente sprofondato nell'orrore e nel dolore di questo caso giudiziario italiano.
Beatrice
(03/09/2020) -
Voto: 5/5
“Veleno” è un esempio di giornalismo nella sua accezione più nobile, quello volto a smuovere le coscienze e a incidere nella società in cui viviamo. Grazie al suo meticoloso lavoro di indagine tra testimoni, video e carte giudiziarie, Pablo Trincia è riuscito a riportare alla luce una vicenda sconosciuta ai più, a ristabilire la verità dei fatti restituendo l’onore alle persone ingiustamente accusate di crimini odiosi, a far riaprire i processi che hanno visto condannati individui quasi certamente innocenti e in alcuni casi a permettere la riunificazione di famiglie distrutte. “Veleno” è un libro che tutti dovrebbero leggere e tenere a mente, affinché non riaccadano mai più simili ingiustizie. È un testo interessante anche perché pone importanti interrogativi su diverse questioni cruciali, come la memoria e il falso ricordo, l’effetto plagio che può scatenarsi in soggetti fragili e suggestionabili, la facilità con cui si innescano psicosi di massa e cacce alle streghe, la necessità di rapportarsi all’imputato non come se fosse colpevole fino a prova contraria, ma innocente. Con uno stile diretto e coinvolgente, capace di tenere il lettore attaccato alle pagine fino alla fine, il racconto dei fatti si dipana in tutto il suo orrore, provocando sentimenti che vanno dalla rabbia allo sgomento alla compassione per le tante vittime rimaste indelebilmente segnate da quei tristi eventi. Il libro, però, nel finale lascia baluginare uno spiraglio di luce in mezzo alle tenebre fitte di una vicenda caratterizzata da famiglie distrutte, suicidi, condanne di innocenti, bambini con falsi ricordi di esperienze terribili mai vissute. Trincia chiude la sua inchiesta con una nota di speranza. Per tutto il tempo delle sue indagini la domanda più pressante che tornava sempre era: davvero è tanto facile spezzare un legame così profondo come quello tra genitore e figlio o tra fratelli? La risposta la si trova nel commovente finale, che farà piangere più di un animo sensibile.
Andrea Turco
(03/09/2020) -
Voto: 5/5
Non si può cominciare a recensire questo libro senza fare riferimento all'omonimo podcast che ha rivoluzionato il genere in Italia e ha finalmente portato, anche da noi, attenzione e cura professionale per il formato audio. Pare di sentirlo, Trincia, mentre legge i passaggi più intricati di una vicenda sconvolgente e sconfortante, come spesso è la cronaca nera. E in questi tempi senza memoria è davvero lodevole il notevole sfarzo fatto - tra atti giudiziari,interrogatori, interviste, esplorazioni dei luoghi - che ha consentito di riesumare (è proprio il caso di dirlo) una vicenda che è ambientata nel Modenese ma potrebbe tranquillamente provenire da una qualsiasi provincia. Di bambini strappati ai genitori naturali, di controversi affidamenti, di presunti riti satanici si è a lungo discusso - non solo nel nostro Paese ma anche negli Usa, ad esempio - tra talk show col gusto del sangue e spettatori con la bava alla bocca. C'è tutto, nella storia dei presunti Diavoli della bassa Emilia, per attirare le più morbosi attenzioni: ci sono bambini, spesso poveri, che descrivono dettagliamente macabri riti avvenuti nei cimiteri della zona; ci sono insospettabili orchi con la tonaca e oscure logge che manovrano l'orrore quotidiano, all'insaputa di tutti; ci sono vite spezzate, ferite mai rimarginate, domande senza risposta. Pablo Trincia, invece, si muove con cautela e passione, maneggia il dolore con grazia, riesce a indirizzare l'inevitabile indignazione in un racconto corale e analitico, sempre lucido, potente. Mette a confronto le varie versioni che si succedono in un arco temporale lungo 20 anni, sottoponendole al più rigoroso fat-checking. Soprattutto, si immerge e immerge il lettore in un mare putrido dove l'obiettivo in fondo non è giudicare ma capire. Perché quel che conta è che sia una storia vera, come recita il sottotitolo del libro. Un tuffo "a sangue freddo", per citare il capolavoro di Truman Capote che Veleno richiama, per stile e compattezza narrativa.
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