La stanza delle mele

Lorena (05/08/2024) - Voto: 5/5
Ho adorato la storia di Giacomo, dalla prima all'ultima pagina. Sono stata con lui nei boschi, su per i pendii delle Dolomiti, sui sentieri di quei luoghi che tanto amo. Ho visto il Pelmo illuminarsi al tramonto e il Civetta all'alba, mentre narrava la sua infanzia così priva di amore e di dolcezza. La malinconia che lo ha accompagnato durante la sua vita fino all'età adulta si traduce nella nebbia che avvolge Venezia e che si insinua tra le calli. Ottimo il finale che rischiara finalmente il suo tormento.
Monica (31/05/2023) - Voto: 5/5
Coinvolgente , molto triste con sto nonno aguzzìno , per controparte una nonna che cerca di rimediare, si sente palpabile la tristezza di un bambino a cui manca la mamma. Non ho apprezzato che in ogni 3x2 ci fosse un riferimento specifico e preciso su luoghi e nomi ( mi puzzava da “io so e ve lo faccio sapere), pedante
Anto (20/04/2023) - Voto: 2/5
Il protagonista di questa storia è Giacomo, che, rimasto orfano, vive con i nonni paterni e i due fratelli maggiori in una frazione bellunese tra le montagne venete. Siamo nel 1954 e Giacomo, tornato nel Bosch Negher per recuperare un attrezzo dimenticato dal nonno, nota un uomo impiccato senza una scarpa, che dondola tra i rami dell'albero a cui è legato. Terrorizzato, il ragazzino fugge via senza rivelare niente a nessuno. Purtroppo, l'esser tornato indietro senza aver portato a termine il compito affidatogli dal nonno, gli procura una dura punizione corporale, con conseguente "prigionia" dentro la stanza che profuma di mele. Giacomo cresce lontano dalle montagne, prova a indagare sull'identità di quel corpo penzolante, ma è necessario che passino quarant'anni prima che, ormai artista affermato, riesca a rimettere piede nei luoghi d'infanzia, farsi sopraffare dai ricordi, per chiudere, così, un cerchio. Nonostante l'interesse per la risoluzione dell'enigma del Bosch Negher, la seconda parte della storia perde, a mio parere, forza narrativa nel descrivere il processo di catarsi del protagonista, forse un po' troppo semplicistico, incidendo così sulla qualità totale del romanzo. Mi aspettavo che la risoluzione del trauma infantile avvenisse in modo più graduale, secondo meccanismi psicologici più complessi. La sensazione è stata, quindi, di una conclusione affrettata, che ha reso la lettura meno accattivante e non in linea con la prima parte del romanzo.
Silvia56 (19/10/2022) - Voto: 2/5
Il libro potrebbe essere bello - soprattutto la prima parte (la seconda mi sembra forzata) - se non avesse alcuni "inciampi" che levano un po' il piacere della lettura, ad esempio, fornire al lettore la spiegazione di un termine dialettale (sarebbe stato meglio darne conto, se proprio necessario, in una paginetta iniziale o finale), oppure usare una lingua colloquiale (es: "si tirò su dal letto", anziché "si alzò/si levò dal letto"; "non mollava" anziché "non desisteva") o, ancora, appesantire con inutili dettagli (es: "Lei cominciò la discesa mantenendo la second marcia"). Ho poi una perplessità: nel 1954 i bambini di quelle montagne non andavano a scuola oltre la quinta elementare; poi andavano a lavorare. Peccato...
Renzo (04/10/2022) - Voto: 3/5
Strano libro La stanza delle mele, strano perché secondo me passa da una condizione di atmosfera magica, quasi surreale, a una contemporaneità marcata, che ha squarciato quel velo di mistero e di fiabesco che così bene era stato realizzato. La vita di questa famigliola, due nonni e i tre nipoti orfani, in particolare di uno, Giacomo, ha un profumo di antico, di tradizioni, di coesistenza con la natura rara a incontrarsi. E poi c’è la passione del ragazzino per l’arte di scolpire il legno, diffusa sulle Dolomiti, ma che per lui rappresenta anche l’evasione dalla dura realtà di ogni giorno, che lo vede spesso punito, non di rado con bastonature, dal nonno che non gli vuol bene, supponendolo frutto di una relazione extraconiugale. A ciò si aggiunga il mondo di una piccola comunità montana, con le leggende, con la religiosità sempre bigotta e il misticismo riscontrabile nel paesaggio, tutti elementi assai pregevoli e ben resi, al punto che avrei preferito che il romanzo finisse con la morte della nonna, e non ci fosse una seconda parte proiettata in un tempo attuale, così lontano da quello della prima, dove tutto era apparentemente fermo con l’immutabilità dei sentimenti, dei rapporti familiari, nella dura fatica di ogni giorno. Secondo me il mistero dell’uomo trovato impiccato da Giacomo nella notte del temporale sarebbe dovuto rimanere tale, nell’incertezza che fosse esistito veramente e non fosse stato invece creduto come il parto della fantasia di un ragazzino, inviato dal nonno nel bosco a riprendere la roncola che il vecchio aveva dimenticato. Con la seconda parte l’alone di magia così ben realizzato si è sciolto come neve al sole, dando luogo a sviluppi della vicenda tutto sommato scontati. Beninteso non è che il romanzo sia da buttare, perché si lascia anche piacevolmente leggere, ma dispiace vedere gettato alle ortiche il piccolo capolavoro della prima parte.