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Io non mi chiamo Miriam
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crika84
(06/07/2021) -
Voto: 5/5
Ennesimo tesoro "libroso". Un'altra importante testimonianza di quella brutta pagina di storia che tutti dovremmo ricordare per far sì che non accada mai più. "Si voleva dimenticare e andare avanti,guardando al futuro. Ma alcuni non potevano,non volevano,non dovevano dimenticare. Erano le decine di migliaia di prigionieri inaspettatamente ancora in vita quando i russi e gli americani liberarono i campi di concentramento. Erano gli ebrei e i rom che ogni giorno,senza requie,avevano sentito il tanfo dei forni crematori. Che ogni mattina si erano schierati davanti alle baracche per essere contati e selezionati per continuare a vivere o morire. Che avevano rinunciato a ogni speranza,perchè sperare non serviva a niente. Quelli che i nazisti avevano trasformato in "non uomini" ridotti a numeri,derubandoli della loro umanità,il cui unico istinto rimasto era sopravvivere da un giorno all'altro e spesso nemmeno questo."
Costanza
(05/07/2021) -
Voto: 5/5
Testo super indicato se volete conoscere cosa subirono i rom nei lager. Non si tratta di una testimonianza, ma di una ricostruzione narrativa tratteggiata con grande delicatezza. Una storia di vite spezzate e confusamente ricomposte. Un continuo colpo al cuore. “Ero poi davvero una rom, ormai? E lo sono adesso? Oppure non sono niente? Né rom né ebrea, né tedesca né svedese?”.
Domir
(01/02/2021) -
Voto: 5/5
Un libro bellissimo e straziante. Lo consiglio a tutti. Soprattutto a chi ancora non crede agli orrori dell'olocausto.
Elisa
(26/01/2021) -
Voto: 5/5
Io non mi chiamo Miriam è la frase che sfugge di bocca alla protagonista nel giorno del suo ottantacinquesimo compleanno...sì, perché lei, come poi spiegherà alla nipote Camilla, in realtà si chiama Malika ed è di etnia rom e non un'ebrea di nome Miriam, di cui ha assunto l'identità durante un trasferimento tra campi di concentramento...Malika, infatti, venne deportata in quanto rom con la cugina Annusha e il fratellino Didi in due lager, tra cui Auschwitz, e pertanto racconta la vita nei campi di concentramento, la paura costante, le urla, il lavoro, le botte, gli esperimenti del dottor Mengele sui bambini...tutto è descritto in modo molto realistico ed accurato in quanto l'autrice, come spiega lei stessa nel post scriptum, si è molto documentata per ricostruire queste pagine di storia. Nel libro, perciò, accanto ai personaggi di fantasia, troviamo personaggi storici tragicamente e realmente esistiti, come Mengele e alcune capo' naziste, e la narrazione di fatti storici veri, come la notte in cui i rom vennero massacrati per essersi ribellati alle SS. Un romanzo davvero bello ed interessante, e scritto con uno stile scorrevole, tragico e doloroso, ma mai patetico.
erica
(26/12/2020) -
Voto: 4/5
Una distinta signora svedese riceve come dono per il suo ottantacinquesimo compleanno un braccialetto, con inciso il suo nome, Miriam. Lo osserva compiaciuta, legge l’iscrizione e sussurra “Ma io non mi chiamo Miriam”. E da qui comincia questo bellissimo, potente, toccante romanzo. I suoi parenti sapevano che lei era ebrea ed era stata nei campi di concentramento, ma nessuno aveva voluto chiederle nulla del suo passato e lei non ne aveva mai fatto parola, fino a quel giorno, con nessuno, anche perché in quel periodo il resto del mondo non voleva sapere quello che era veramente successo. Molti studiosi hanno parlato di una sorta di tabù che dopo la guerra impediva di pubblicare e diffondere le testimonianze sui lager e in particolare sui campi di sterminio. Questo passato, però, non riusciva a non riemergere in lei, ora sotto forma di sogni, di ricordi casuali, di collegamenti, perché la sua storia non era solo tragica, come tutte quelle dei prigionieri nei campi di concentramento, ma anche appesantita dal fatto che lei era una ragazzina di etnica Rom. I Rom venivano perseguitati dai nazisti e per di più odiati anche da tutti gli altri prigionieri. Ma lei si è salvata, grazie alla sua voglia di vivere, alla sua tenacia, all’aiuto di donne stupende e alla decisione di rinnegare le sue origini Rom, spacciandosi per un’altra. Nonostante ciò non riesce a cancellare l’orgoglio per la sua provenienza etnica, che terrà però nascosta a tutti fino al giorno del suo ottantacinquesimo compleanno. La storia di Miriam viene raccontata in prima persona in un modo così perfetto, poetico, incisivo che io, mentre leggevo, ero lei, soffrivo, mi tappavo gli occhi, le orecchie, sorridevo e piangevo insieme a lei e quelle emozioni rimanevano in me durante tutto il giorno. Ha scritto un mio amico: “Erica è uno di quei libri che rimangono, che senti come doverosi, una faticosissima camminata su un sentiero che ci consente di " retare umani": Verissimo
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