Io non mi chiamo Miriam

luisa (19/05/2019) - Voto: 5/5
Un libro che rivela un aspetto della nostra storia che mi era assolutamente sconosciuto: una rom reduce dai campi di concentramento nazisti che si deve inventare una nuova identità per nascondere il suo essere rom, per evitare un crudele razzismo scatenato dalle sue origini. Cosa c’è di peggio che essere ebrei? Essere rom.
Fabiana P. (17/04/2019) - Voto: 5/5
Una storia toccante che offre un ulteriore punto di vista su una delle pagine più tristi della Storia. Poco importa se la protagonista delle vicende narrate sia reale o inventata, sappiamo purtroppo che è realistica e gli eventi verosimili. Da leggere assolutamente.
Anna (05/04/2019) - Voto: 5/5
Uno dei migliori libri che abbia letto in questo 2019. Travolgente, crudele, profondo. Sarà che il periodo storico, la Seconda guerra mondiale, mi affascina e mi terrorizza allo stesso tempo, sarà il modo in cui è scritto, ma questo libro è magistrale. Racconta la vita nei campi di concentramento dal punto di vista di una rom; un punto di vista completamente nuovo per lo meno per me. Si basa su fatti, seppur la storia sia inventata, realmente accaduti e di cui io non ero a conoscenza. Miriam, la protagonista e la voce narrante della storia, è semplicemente deliziosa. Uno di quei libri che mi è dispiaciuto finire. Leggere l'ultima pagina è stato un piccolo dolore.
simona (21/03/2019) - Voto: 5/5
Da dove cominciare? … Dalla scrittura equilibrata e aggraziata come parlasse di una storia qualunque e invece si tratta di una storia sconvolgente, campo di concentramento vissuto da poco più che bambina e da rom, non se ne parla mai dei rom. Miriam tiene sempre in mente l’imperativo o l’istinto di sopravvivenza. Nonostante rimanga sola, senza nessun parente o conoscente, nonostante debba cambiare identità e mascherarsi da ebrea, nonostante la paura, la fame, le violenze, sopravvive. Si adatterà ad una nuova cultura, si costruirà una famiglia, riuscirà a trasformarsi e convivere con il dolore, grande, di aver dovuto rinnegare la sua origine rom, la sua famiglia. E’ un romanzo con alcune situazioni e personaggi reali e una protagonista inventata, un modo interessante di raccontare il quotidiano di tante vite di donne coinvolte nella storia in tempi diversi : prima, durante e dopo la tragedia.
Giulia (11/03/2019) - Voto: 5/5
Questo è uno di quei libri che tutti dovrebbero leggere. Fin da quando ero piccola, ho letto molta letteratura sui campi di sterminio nazisti, eppure penso che finché non è arrivata la Axelsson nessuno avesse mai raccontato questa fetta di storia dando voce al popolo rom, che pure fece una fine uguale ed a tratti peggiore degli ebrei. Scritto divinamente, con una prosa coinvolgente tanto quanto la storia in sé, mi ha affascinata moltissimo anche la descrizione dell'arrivo delle sopravvissute in Svezia, e del modo e della determinazione con cui la protagonista ha deciso di stabilirvisi e di diventare il più possibile una qualunque ragazza svedese educata e per bene. Al di là del personale apprezzamento verso questo romanzo, credo abbia uno smisurato valore oggettivo in quelli che sono gli intenti dell'autrice: va sottolineato che ci troviamo forse di fronte al primo caso in cui una scrittrice azzarda il pericolosissimo tentativo di inventare un personaggio ed una storia - per quanto tutto basato su fonti attendibili e frutto di scrupolose ricerche - inserite in un campo di concentramento, perché finora queste storie son state raccontate solamente da chi le ha purtroppo vissute sulla sua pelle; ma la Axelsson dice che quelle persone ormai ci stanno pian piano lasciando tutte (per ovvie questioni anagrafiche), e che la memoria non può morire insieme a loro, perché ci sono ancora tante realtà da raccontare. Ed il suo romanzo, che ha superato alla grande questa prova così difficile, lo dimostra. Leggetelo!