La famiglia Karnowski

Sergio Bertani (04/11/2013) - Voto: 5/5
Anch'io ho trovato il libro di grande interesse. Cerco tuttavia qualcuno che mi sappia fornire un'interpretazione della scelta dell'autore di non fare nessun riferimento allo scoppio della seconda guerra mondiale Avrebbe potuto, visto che il libro è stato pubblicato nel 1943. Forse per conferire un'universalità temporale al dramma raccontato? In effetti le persecuzioni e i pogrom subiti dagli ebrei si sono susseguiti nei secoli e in varie nazioni e forse per questo popolo l'orrore nazista non è stato altro che una delle tante sofferenze che l'uomo è costretto a subire senza che se ne possa capire il perchè (Reb Efraim)?
ru (25/10/2013) - Voto: 5/5
Un Capolavoro da non perdere!!!!
Mara (11/10/2013) - Voto: 5/5
Splendido nelle prime due parti (le storie di David e Georg, tra Polonia e Berlino), meno nella terza, la "discesa agli inferi" di tutta la famiglia Karnowski e in particolare del giovane Jegor a New York. Interessantissima la descrizione dei diversi "mondi" ebraici: quello dei chassidim dell'Europa orientale, quello degli ebrei illuministi, quello degli assimilati, perfino quello degli ebrei antisemiti. Sorprendente la Berlino prima della presa del potere nazista del 1933, piena di intellettuali e di fermenti. E infine la rappresentazione del "sogno americano", quasi personificato dai figli dello zio Harry, sempre pronti a dare una mano, forti e generosi, rumorosi, vitali e ottimisti; ma anche il tradimento dello stesso sogno americano, con le commissioni dei clinici americani che - come ogni corporazione che si rispetti - per proteggersi dalla concorrenza bocciano i medici bravissimi venuti da oltre oceano. L'ultima parte è meno felice, non solo per la tristezza della vicenda, ma per l'insolita lunghezza dei capitoli, piuttosto brevi nelle prime due parti. Un po' artificioso sembra il ritrovarsi a New York dei personaggi già conosciuti dal lettore a Berlino e i loro destini già scritti: possibile che Elsa Landau in una settimana diventi un'affermata conferenziera, il suo vecchio padre riesca a riciclarsi come veterinario, mentre l'illustre clinico Georg si riduca a fare il commesso viaggiatore, bocciato anche nell'esame di inglese? Se qualcosa accomuna le tre generazioni Karnowski, è la determinazione a rifiutare - in modo diverso - l'identità ebraica: allontanarsi dalla "sottocultura" Yiddish per David, non far parte della comunità ebraica per essere un cittadino tedesco come gli altri per Georg, rifiutare la sua metà di sangue ebraico per diventare completamente ariano nel caso di Jegor. L'ebraicità come qualcosa da cui prendere le distanze, quasi vergognarsi, fino ad autocensurarsi sulle persecuzioni subite, vissute come una vergogna da nascondere.
ivan (11/10/2013) - Voto: 5/5
Questo libro, così come "Come pietre nel fiume" di Hegi Ursula racconta, oltre ad altre cose, il nazismo visto da dentro la Germania. E lo fa in un modo esemplare: con uno stile asciutto e diretto racconta la vita dei protagonisti ed il mondo che lo circonda, quasi senza esprimere giudizi in modo diretto ma al tempo stesso suscitando in chi legge una serie di sentimenti e di giudizi, appunto. Mai banale, anche nel raccontare quello che spesso viene messo in un'unica categoria, l'odio razziale dei tedeschi o l'organizzazione della comunità ebraica, lui ce li mostra in tutte le sfaccettature. Ma il libro è anche molto di più: storie di vita e stili di vita e scelte di vita lungo tre generazioni. Consigliatissimo!
giada (26/09/2013) - Voto: 5/5
Davvero bello. Un affresco di anni lontani e sanguinari osservati dall'ottica di chi è stato vittima della storia, la ha tragicamente subita. La dolorosa confusione tra razza ariana ed ebrea che fa smarrire le vere tracce di se stesso, fa perdere l'identità. Gran bella lettura