Il buio addosso

Barbara (21/04/2008) - Voto: 2/5
Mmh..Non mi ha convinto. Storia debole, più da racconto che da romanzo. Peccato!
Gi (29/02/2008) - Voto: 4/5
Ho letto questo libro e subito dopo un altro di cui ho ricavato le stesse sensazioni. Per una volta, e dopo le prime pagine, ho letto il libro per la storia che racconta, senza prestare attenzione allo stile, senza star li con le antenne dritte pronte a cogliere incongruenze, ecc.; solo la lettura di una storia come fosse raccontata da una voce amica. Ogni tanto vale la pena prendersi una pausa e leggere di questi libri.
enfri (10/11/2007) - Voto: 5/5
una dolcezza infinita, una tristezza che tocca il cuore, un libro che ti fa riflettere sui sentimenti e comportamenti delle persone, bello!
carlo ravasi (29/10/2007) - Voto: 5/5
Bisogna fare molta attenzione a parlare di questo libro. Credo che il secondo romanzo di Missiroli sia più di una narrazione “tra le righe”, qualcosa di più di un semplice plot ben costruito e che può piacere moltissimo a non piacere affatto (ha qualche rallentamento narrativo, questo sì). Per questo secondo me dopo Senza coda (già romanzo eccellente come opera prima) Il buio addosso è un libro potente, importante, che a me personalmente ha sbalordito. Non solo perché scritto da un ventiseienne che sembra saperne più di molti scrittori maturi portati in palmo di mano da pubblico e critica, ma perché ha una forza autentica che ti spinge dentro la storia. Rimane appiccicato sulla carne questo libro, risveglia la coscienza che a volte sembra sempre pronta davanti a temi inflazionati come la diversità: ha un’anima, ecco la differenza dal 99% dei libri che escono. E d è condotto da qualche cosa che va al di là del talento e che si chiama essere scrittori veri. Prima di aprirlo credevo in qualcosa di già visto, e invece il Missiroli stupisce ancora. Eccome se stupisce.
Gwynplaine (15/09/2007) - Voto: 3/5
chiudo il libro a pag. 150. arrotondo il voto per eccesso. leggevo e mi chiedevo: cosa non mi va giù di questo libro? soluzione: quel fastidioso tocco femminile dell'autore. anche chi non leggesse il libro, potrebbe ricavare le stesse sensazioni limitandosi a dare un'occhiata alla foto dell'autore: un bel giovine, ma dalla posa, il languido sorriso, l'espressione donnesca.. che sia uoma o donno a noi poco interessa, il Missiroli è dotato di una sensibilità così femminile da lasciare a bocca aperta - e che contamina tutta l'opera come un verme terribile. io ho imparato che la letteratura è maschia, come la box. capisco che scrivere dev'essere un'impresa titanica - "riuscire nell'impossibile", diceva London. e non mi sento di bocciare quest'opera che è costata 2 anni di lavoro, che non è futilmente giovanilista, che non guarda l'"ombelico generazionale" - cosa che giustamente il Missiroli disdegna - che ha un'idea forte dietro e una sua levigatezza e che infine qui e lì, soprattutto all'inizio, mi garbava. ma vorrei, se mi è consentito, se non bocciarla almeno rimandarla. in cosa si traduce quel tocco femmineo? ecco: c'è quel tanto di pensiero in più, che decelera l'azione nuda e cruda. c'è quel tocco di lirismo noioso che logora i contorni del mondo romanzesco, rendendolo meno reale. quei due grammi in più di enfasi. e un po' per gli scenari, un po' per la cattiveria assoluta di alcuni personaggi, finisco per non credere in quel che leggo. non sono d'accordo con chi ha parlato di "pudore" dei sentimenti. mi pare invece che siano sfacciati, sciorinati, così veicolati dall'afflato lirico. al punto che ho finito per detestare il patetismo smaccato del personaggio del pazzo, e persino il candore della povera zoppa - reclusa in una specie di isola che non c'è piena di dolorosa morbidezza. insomma non ne potevo più. se qualcuno vuole dirmi come va a finire, io sono qui.