Storia della mia gente

laguby (01/09/2014) - Voto: 4/5
Vincitore del Premio Strega nel 2011, in questo piccolo libro molto interessante l'autore racconta la trasformazione dell'industria tessile italiana. La espone con appassionata cognizione di causa, lui che appartiene ad una famiglia di famosi tessutai pratesi, ma anche con orgoglio e con rabbia. Alcune parti sono proprio bellissime e vi si ritrovano vari sentimenti: lirismo e nostalgia nelle pagine che descrivono l'attuale silenzio della vecchia fabbrica, ritmo incalzante e rassegnato stupore nel capitolo "Subito" e tanto altro ancora. È un volumetto molto istruttivo ma non pesante, abbastanza tecnico ma non difficile. Semmai amaro, perché leggendo la lucida analisi dei segni premonitori non correttamente interpretati e anzi, sembra credere Nesi, volutamente inascoltati per inseguire la chimera di facili guadagni.
matteo (19/04/2014) - Voto: 1/5
Nesi doveva vincere il Premio Strega, il più inciuciato premio della storia italica, era scritto nel suo destino, anche politico. Un libro modesto, un affresco che si stacca dal muro a pezzi e ogni frammento che rimane a terra forma un insieme di bigliettini spiegazzati, quelli che si trovano nei baci di cioccolata. Ho fatto l'errore di comprarlo, spero che altri non cadano in questa trappola.
Simona (17/02/2014) - Voto: 3/5
Contenuti attuali e condivisibili. La situazione in cui ci troviamo temo che sia persino peggiorata. Quello che non mi è piaciuto è la mancanza di forma: sembra più uno sfogo di uno scrittore che un libro vero e proprio con un inizio e una fine. Per questo voto 3.
MissPage (11/10/2013) - Voto: 3/5
Di questo libro mi è piaciuto il tema affrontato e anche il punto di vista sostenuto dall'autore. Forse ciò che non mi è piaciuto è il fatto che Nesi ormai non sia più un'industriale, ma uno scrittore vero e proprio, è questo ciò che fa diventare il libo un'autobiografia eccessivamente "letteraria" e autoreferenziale.
Anna (31/07/2013) - Voto: 3/5
Questo libro di Nesi a mio parere non ha forma di saggio neanche in parte, semmai in alcune parti del libro vi sono molte considerazioni personali dell'autore miste a ricordi dolce amari e momenti struggenti di senso di perdita e di tempo che non tornerà più. Il tutto potrebbe essere interessante se non mi avesse lasciato la sgradevolissima sensazione che il mondo perduto che il Nesi rimpiange non sia altro che la sua personale condizione di privilegiato pieno di soldi e possibilità di fare quello che voleva; il far parte di un mondo dorato dove ognuno pensa per sè e non ha alcun senso della comunità, come scrive lo stesso Nesi alla fine del libro. Il Nesi ci parla della sua preoccupazione per la "sua" gente, ovvero tutti gli imprenditori del tessile di Prato e del Nord Italia...e tutti gli altri che spazio occupano nei suoi pensieri? Zero, a quanto sembra. Vorrei ricordare all'autore che la crisi ha colpito tutti, non certo solo gli imprenditori che sicuramente hanno contribuito allo sfacelo, e vorrei anche ricordargli ciò che diceva Einstein sulla crisi (in breve) : "Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e da più valore ai problemi che alle soluzioni. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla".