Veleno. Una storia vera

Berenice (08/09/2020) - Voto: 4/5
Cos'è il veleno di cui sono imbevute le storie raccolte in questa inchiesta? Cosa colpisce così tanto di questo saggio, dal cuore nero come le ombre avvolgono la foto di copertina? Sono modenese, e sono psicologa: ho quindi letto il libro di Trincia con una sorta di interesse tra il tecnico-sociologico e le immagini chiare di chi conosce la Pianura Emilana e quel suo "chiedere alla nebbia" di cui parla Claudio Parmiggiani: "Quelle ombre sono un simbolo, spiriti fluttuanti che hanno assunto nella mente l’immutabile aspetto dell’anima. Ombre così lontane da trasmutarsi in tutto e in nulla". Altro non ha fatto Pablo Trincia, nel corso degli anni, che cercare di dare un senso e un’immagine a quel nulla, di cercare di dare una "forma al veleno", che, come è nella natura dei liquidi, ha avvolto tragicamemte bambini, famiglie (naturali ed affidtarie), servizi per l'infanzia... Sì, perchè questo libro è anche un libro ossimorico, sull'innocenza colpevole: "Niveo denticulo atrum venenum ispirat" dicevano i latini.
FranLem (08/09/2020) - Voto: 5/5
Ripercorrendo la cronaca di una vicenda drammatica e dolorosa, ormai quasi dimenticata dai più, l’autore ci consegna un libro dolorosamente denso, in cui, grazie ad un’indagine durata anni e attraverso una scrittura serrata ed incalzante, viene puntualmente ridisegnata una nuova fisionomia dei fatti. Trincia riesce cosi a scardinare verità che si ritenevano consolidate, scuotendo dal torpore coscienze sopite, riabilitando genitori condannati e probabilmente innocenti, ricucendo, in alcuni casi, ferite familiari ancora non rimarginate e riaprendo vicende giudiziarie ormai chiuse. Il risultato è un libro capace di creare quasi un senso di vertigine, a tal punto che il lettore può trovarsi smarrito e perdere coscienza di cosa sia e dove si collochi esattamente la verità. È quella dei bambini che raccontano la loro storia di abusi e violenze? È quella dei professionisti che la ricercano ad ogni costo, sentendosi di essa i depositari? O è quella dei tanti genitori che, in questa vicenda, hanno visto recidere, talora in modo drammatico, il legame con i propri figli? Eppure, in una vicenda torbida come quella raccontataci, il dono più prezioso che ci viene offerto dal libro sta nel farci capire quanto sia importante dare voce al giornalismo di inchiesta, spesso relegato ad un ruolo secondario, giudicato dai più dispendioso e scomodo. Ma che è, invece, un giornalismo coraggioso, perché costretto a muoversi su terreni spesso insidiosi. Di qualità, perché richiede tempi di analisi. Nobile, perché mosso da un’instancabile ricerca della verità. È un dono inestimabile, che ci ricorda, in fondo, che il successo di un libro non debba misurarsi sul solo profitto, ma sulla qualità del lavoro e sulla capacità di risvegliare, in ciascuno di noi, uno spirito critico, che si interroghi di continuo, vagli incessantemente tutte le ipotesi, rifugga tutto ciò che è dato per scontato e rimanga, per quanto possibile, libero e non condizionato.
EmanuelaB (07/09/2020) - Voto: 5/5
Il libro di Pablo Trincia ricostruisce una delle vicende più controverse della storia giudiziaria italiana attraverso testimonianze, video e pagine dei fascicoli dei processi. Lo stile asciutto e l'impianto narrativo, caratterizzato dal susseguirsi di vari piani temporali, costituiscono la cifra stilistica del libro che, assumendo i contorni dell’inchiesta, affronta un tema molto delicato.
GiuliaD (07/09/2020) - Voto: 4/5
Si può raccontare la storia vera di una storia senza verità? Pablo Trincia ci è riuscito. Veleno racconta lo scandalo della Bassa Modenese che, negli anni Novanta, ha sottratto decine di bambini alle proprie famiglie. Il motivo? La presunta appartenenza dei genitori a una setta di pedofili satanisti. Trincia, con la collega giornalista Alessia Rafanelli, ha condotto un’inchiesta sulla vicenda, diventata prima un podcast e poi un libro. Ma Veleno è molto più di un libro in cui nulla è stato romanzato; è il racconto di infanzie interrotte e famiglie mutilate, di vite cancellate da una spirale di menzogne non si sa quanto consapevoli. Ma è anche una storia di professionisti che, nella foga di trovare risposte, hanno dimenticato di cercare le domande giuste. Trincia non accusa nessuno. Trincia racconta, creando nel lettore smarrimento prima, dolore e indignazione poi. Riporta in modo crudo e dolente una vicenda torbida, in cui la verità non sembra un punto d’arrivo ma un punto di partenza; in cui gli assiomi sono troppi e le ipotesi troppo poche. L’autore dà spazio a lettere scritte dai genitori ai figli lontani, piene di errori di ortografia, di rassicurazioni e di promesse mai mantenute; piene di paura e, al contempo, di tentativi vani di celarla. Le pagine di Veleno provano a rinsaldare famiglie smembrate per sempre, e a rendere un tributo a chi per questa storia si è tolto la vita. Al centro di tutto restano loro, i bambini sradicati oggi adulti ammaccati; gli unici testimoni di un massacro avvenuto solo in menti troppo giovani, ancora troppo plasmabili. In questa tragedia Trincia si immerge fino in fondo, a costo di uscirne ammaccato anche lui. La sua voce di padre, pregna della storia e dei suoi protagonisti, intensifica la potenza del libro; e quando si arriva all’ultima pagina, si vorrebbe tanto che la storia fosse stata romanzata. Per riuscire, forse, a soffrirne un po’ meno.
Giodemu (07/09/2020) - Voto: 4/5
All’apparenza, la vicenda narrata presentava tutti i caratteri del classico “caso” da dare in pasto all’opinione pubblica assetata di vendetta e di giustizia sommaria, seppure in epoca pre-social. Una vicenda terribile, a base di pedofilia e violenze (morali e fisiche) assortite, con spruzzate di satanismo e necrofilia. Mirandola e Massa Finalese, piccoli centri della Bassa modenese, tra il 1997 e il 1998 furono teatro dell’allontanamento di ben 16 minori dalle proprie famiglie perché era emersa una serie di violenze a cui venivano sottoposti da parte di una banda di pervertiti mascherata da setta satanica e composta in buona parte da genitori e parenti delle vittime, con la partecipazione di alcuni sacerdoti. Una storia raccontata da Trincia con grande equilibrio, dribblando i rischi del voyeurismo morboso e della retorica consolatoria. Però, a un certo punto, la narrazione effettua una vera e propria inversione a U, ripercorrendo i capitoli della storia sotto una nuova luce, arrivando a una sorprendente versione dei fatti, non meno agghiacciante della precedente. Superficialità, leggerezza, cinismo, con il corollario inevitabile di rilevanti interessi economici: tutto ciò emerge con chiarezza dall’analisi accurata dell’operato di forze dell’ordine e magistrati e, soprattutto, delle consulenze tecniche di medici e psicologi. Una serie di confessioni indotte, atte a confermare tesi precostituite. I bambini, se sottoposti a simili pressioni, sono capaci di mentire e purtroppo il contagio della menzogna si estende come un veleno, appunto. Pablo Trincia, con la collaborazione di Alessia Rafanelli, rinnova la grande tradizione del “giornalismo letterario”, e con una scrittura limpida e scevra da facili effetti speciali, ma tenendo sempre ben presente i dilemmi etici di cui storie come questa sono disseminate, squaderna una serie di lati oscuri della natura umana (e cioè di tutti noi) inoculando nei nostri pensieri dubbi e riflessioni, come la vera letteratura deve fare.