Il respiro del deserto

Alex2 (02/11/2009) - Voto: 5/5
Veramente bello. Ben scritto, ritmo incalzante. Dopo "Le pietre della luna" per me è il più bel libro scritto da Marco Buticchi. Molto bella la storia di Qutula-Arqai e la descrizione delicata del suo amore per il venditore di stoffe cinese. Un amore che supera tutti i pregiudizi.
Rita (28/10/2009) - Voto: 5/5
Per me il miglior libro di Marco Buticchi e decisamente uno dei migliori libri che io aqbbia letto nell'ultimo anno (e ne ho letti parecchi)
Brunella (21/10/2009) - Voto: 5/5
Ho avuto la possibilità di acquistare questo libro al costo simbolico di 1 € e premetto che se non fosse stata per questa opportunità non lo avrei mai comprato in quanto la storia dei mongoli non è mai stata la mia massima aspirazione di lettura. Eppure fin dalle prime pagine questo romanzo mi ha appassionato sempre di più con tutto questo intreccio di storie dal più remoto dei passati all'attuale presente. La scrittura è piacevole e scorrevole e Buticchi è riuscito ad "incollarmi" alle pagine come ben pochi scrittori sono riusciti a fare. E' il suo primo romanzo che leggo e non sarà certo l'ultimo.
Arkadin (10/10/2009) - Voto: 5/5
Epica ed emozionante avventura dell'ormai mitico Oswald Breil, che questa volta ci porta a viaggiare nei secoli, prendendo spunto dal leggendario tesoro di Gengis Khan. Gli ingredienti per una epica avventura ci sono tutti e non si accavallano, ed il finale in rosa, preannuncia che del nostro eroe sentiremo presto (spero) parlare in una prossima intensissima avventura.
Virginia Murru (25/09/2009) - Voto: 4/5
"Il respiro del deserto" di Marco Buticchi è una storia che scaraventa negli abissi accattivanti del mistero e sa imporsi con l’autorità di chi conosce esattamente la strada che il lettore dovrà percorrere, episodio dopo episodio, per giungere senza percorsi contorti fino al capolinea di tutte le vicende e i colpi di scena che vi si alternano. Questo libro è un palcoscenico aperto, senza sipario, non ci sono atti o rimandi di scene, gli avvenimenti sono così incalzanti e avvincenti da non permetterti di capire che hai già letto metà dell’opera senza avere avuto il tempo per un resoconto. Sono evidenti e notevoli le sue capacità espressive, quel suo raccontare libero e disinvolto, privo di nodi sintattici, insomma un saper dire chiaro, attraverso un ordine dinamico e preciso di sequenze narrative che scorrono pagina dopo pagina senza congetture linguistiche, le quali, non di rado, si riscontrano anche nei romanzieri più affermati. In questa storia ci si affida al vento dell’estro, sapendo che non sono vele d’alchimie, e in definitiva, quando si chiude il libro si resta un po’ storditi da questo mondo ipogeo, fantastico e remoto, forse surreale nel suo ampio sfondo storico, che ha turbinato fin nelle più riposte riserve dell’animo di chi legge. Emergono alla fine, in un esiguo sommario, le prime considerazioni di Beticchi, le sue note introduttive al romanzo: mi ha spinto a scrivere una nave protagonista d’importanti avvenimenti nel novecento.. la semplice visione di quest’imbarcazione nel porto di La Spezia.. una folgorazione.. Scrivere un’opera che apre orizzonti così ostili nella storia, con i suoi irti e stretti passaggi, i ponti e le ‘ambivalenze’ nel ruolo dei personaggi, è un lavoro che certamente implica ricerca e competenza; è in breve una storia che rimbalza nei secoli, senza fare avvertire al lettore le pale di quel mulino a vento che è il tempo e le alterne vicende che lo caratterizzano.