Vecchie conoscenze

Isabella Fantin (26/05/2023) - Voto: 4/5
Questa volta Rocco Schiavone, vicequestore romano da poco di stanza ad Aosta, si confronta con il mondo dell’arte con cui ha scarsa familiarità malgrado i passati tentativi della moglie Marina, restauratrice, di iniziarlo ai segreti del Bello. Purtroppo Marina è scomparsa di recente. Insieme alla sua squadra, scopre nicchie del mondo accademico dove specialisti e ricercatori di alto profilo si sfidano a colpi di pubblicazioni in grado di raggiungere, aggiungere, mantenere, affossare credibilità, potere e prestigio. Un mondo competitivo e scisso da quello del lavoro, amareggiato da gelosie e rivalità spesso incomprensibili per l’uomo comune.
Stefini (29/12/2022) - Voto: 5/5
Libro coinvolgente e a tratti molto intenso, quasi più di altri libri di Manzini, dove Rocco Schiavone è alle prese con un nuovo e profondo dolore. Si nota la caratterizzazione dei personaggi sempre dotati della stessa intensità, mentre la trama è sempre più intensa. Libro strettamente legato al precedente.
Paolo (14/05/2022) - Voto: 5/5
In perfetta coerenza con quanto avverrebbe ad una persona reale, Rocco Schiavone cambia un poco, invecchiando con l'età, senza per questo tradire se stesso. Ma soprattutto senza tradire le aspettative dei suoi lettori.
V (23/03/2022) - Voto: 5/5
ancora colpi di scena nella saga del vicequestore Schiavone. personaggi che vengono approfonditi, nuove storie sullo sfondo e la lettura diventa sempre più interessante
Amanti dei libri (08/03/2022) - Voto: 4/5
L’aspetto più interessante di questo poliziesco è lo spazio assegnato al privato di Rocco e di alcuni suoi collaboratori , che in questo modo acquistano una completa autonomia narrativa. Un privato in crisi, perché i personaggi sono costretti a scegliere anche quando non lo fanno. C’è chi è impegnato ad occultare la sua doppia vita e chi finalmente trova il coraggio di non farlo più. C’è chi è pronto ad esplorare il mondo in tandem per sempre o per una tratta e chi, come il protagonista, si aggrappa al passato. Mi è piaciuta molto la piccola partecipazione di un tizio dalla favella esilarante, perché ha imparato la nostra lingua dai libretti d’opera. Un tocco brillante che ricorda Bruno Ganz di “Pane e tulipani”. Non ho potuto fare a meno di osservare che un personaggio secondario porta lo stesso cognome della vittima de “Le ossa parlano”(!).