I viceré

angelo (11/03/2019) - Voto: 4/5
Ingredienti: una nobile famiglia catanese dell’ottocento, tre generazioni che attraversano 28 anni di storia siciliana (1854-1882), i grandi eventi del tempo come sfondo generale (regno borbonico, sbarco dei Mille, unità d’Italia), una trama fitta di matrimoni, nascite, morti, liti, alleanze, interessi privati e affari pubblici. Consigliato: a chi vuol conoscere un Gattopardo ante-litteram, a chi si mantiene sempre in sella tra conservatori aristocratici e radicali progressisti.
Alessia (09/03/2019) - Voto: 5/5
Non sono riuscito a trovare un personaggio simpatico! Non riuscivo a farmene piacere nessuno. De Roberto ha infarcito di difetti e miserie umane ogni componente (diretto o acquisito) della famiglia Uzeda. La nobiltà borbonica, che magicamente diventa nobiltà sabauda e che si tramuta (come dei veri e proprio mutanti) in liberisti – repubblicani è lo specchio fedele, e non deformante, della società italiana degli ultimi centocinquanta anni. L’affresco della società catanese di fine ‘800, così come dipinto da De Roberto, potrebbe benissimo essere la saga di tante famiglie, più o meno importanti, del bel paese. E proprio come si chiude il romanzo, con l’ultima frase, messa ad epitaffio della storia degli Uzeda (ma che è sicuramente la nostra storia, quella che si è succeduta da prima dell’Unità d’Italia sino all'attuale seconda Repubblica), che fa paura e fa riflettere: “…la nostra razza non è degenerata: è sempre la stessa”. Ecco, come sintetizza De Roberto, siamo costretti a ripetere quello che siamo (e le basi di partenza non erano eccezionali) in maniera diabolica. Non riusciamo a mutare, in meglio, s’intende.