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A bocca chiusa
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Alan D'Angelo
(17/07/2014) -
Voto: 5/5
Immaginazione: salvezza e dannazione. Già dal prologo "A bocca chiusa" dischiude tutte le principali tematiche del testo: la violenza, l'incomunicabilità, la trasfigurazione onirica dei desideri e del dolore. La situazione non va, lo sanno tutti in famiglia; anche a sei anni lo si capisce, pur dal basso di un'infanzia storpiata. Tutto può mettersi a posto; vana speranza di ragazzino. Il nonno è violento, randagio, dominante, senza amici, ideali, obiettivi, odia tutti. Un fisico incapace lo incatena, ma non gli impedisce di deturpare le vite dei familiari. Anche se vinto, paure e paranoie possono spingerlo ai limiti, oltre le possibilità del suo corpo. Il nonno fa paura, sempre, a tutti. Riferimento ingombrante per una famiglia troppo debole per poterlo arginare. Quando le parole non servono a nulla e si è soli, rimangono la fantasia e l'immaginazione: forze ancora troppo deboli per contrastare gli eventi, capaci soltanto di allontanare l'angoscia e disegnare nascondigli sicuri nei quali nascondersi. Mondi nati in un tappeto, tra mattoncini di plastica. Mondi che proteggono, per un po'. Ma il ragazzino non sa che i mondi che nascono per salvare, hanno una particolarità: una volta creati non se ne vanno, non quando diventano abituale dimora. Allora crescono, si espandono, entrano in contatto con altro, con altre realtà, e prima o poi reagiscono, non si sa come o quando, ma prima o poi lasceranno conseguenze, in te, negli altri. Il mondo che ha protetto inizia a premere, a reclamare spazio, non è facile controllarlo, vuole entrare in scena, esordire. Tutt'intorno nessuno, nessuno, anche quando ci sono i familiari, le altre persone. C'è solo chi non sa cosa fare, chi non vuole fare nulla, chi ha paura di peggiorare la situazione e pensa che il dopo non sarà migliore dell'ora, poi c'è chi è curioso, semplicemente, e vuole vedere uno spettacolo, per poi proseguire, oltre. E nell'indifferenza, si rimane soli, a costruire mondi. Ottimo esordio: un 5 per incoraggiare.
zamorà f.
(14/07/2014) -
Voto: 5/5
Puoi controllare le tue incertezze, puoi calibrare le parole che pronunci agli altri e a te stesso, ma si può essere bravi a gestire anche le tue paure? Abbondante e potente libro d'esordio. Ad maiorà!
Simona
(16/06/2014) -
Voto: 4/5
E' troppo banale il gioco di parole per dire che "A Bocca Chiusa" in realtà lascia a bocca aperta? Beh, questa è la reazione che si ha quando si arriva alla quarta di copertina. Stefano Bonazzi riesce magistralmente a calarti nella parte del bambino protagonista, di cui non si conosce il nome forse proprio perché per tutta la prima parte del libro si vive e si "guardano" i fatti attraverso i suoi occhi: non lo si vede in faccia, ma si sa perfettamente quello che ha dentro, quello che pensa e quello che prova. La lettura scorre veloce e con interesse, lo stile che adotta fa predominare frasi brevi, a volte ridotte a parole. Decise, incisive, crude come schiaffi. Più che un thriller l'ho considerato un romanzo psicologico e psicotico, nel senso buono del termine. Il colore rosso predomina fin dall'inizio; lo si ritrova ovunque: nell'inchiostro del pennarello con cui disegna il bambino protagonista, nel tappeto su cui gioca (e su cui si sente al sicuro, come nella "tana" dei giochi che si fanno da bambini), nei cubetti delle costruzioni, nella bicicletta, nell'impermeabile, nella sua testa. Un rosso che va nettamente in contrasto con il grigio, un "grigio costante" (che inizialmente doveva essere il titolo originale del romanzo), di tristezza, sofferenza, rassegnazione, contrapposte anche al bianco del candore e ingenuità di un bambino di 10 anni. La seconda parte del libro ci propone il protagonista in versione adulta, che si porta dietro il trauma subìto da piccolo, traducendolo in una forma di mutismo. Pian piano la narrazione si stacca dal protagonista; non vedi più attraverso i suoi occhi, esci dalla sua mente, incominci a girarti e a guardarlo in faccia. In questo modo puoi mettere a fuoco chi hai di fronte, e comprendi tutto quanto Stefano Bonazzi è riuscito a tenere nascosto in quella bocca chiusa che ha contraddistinto il romanzo.
paola
(11/05/2014) -
Voto: 3/5
scritto bene ma nella seconda parte molto difficile e crudo, si perde molto nella trama.
Elena Tartari
(18/04/2014) -
Voto: 5/5
A bocca chiusa è una storia delirante di dolore, angoscia, solitudine ed emarginazione dalla quale non c'è scampo. Il protagonista è vittima di un nonno aguzzino e prima ancora di questo è vittima di sé stesso e della società. Potrebbe salvarsi, chiedere aiuto, ma non lo fa, continua a vivere giorno dopo giorno il suo martirio. Come quando si sta facendo un brutto sogno e non si riesce a svegliarsi. È proprio questa l'atmosfera che Stefano Bonazzi, attraverso una scrittura meravigliosamente coinvolgente, riesce a rendere: l'atmosfera grottesca e surreale dell'incubo, della "fiaba distorta". E lo fa talmente bene che il lettore si sente completamente immerso nella storia e perde anch'esso il confine tra la realtà e il delirio. La trama sapientemente imbastita dall'autore fa sì che solo alla fine del libro tutti gli interrogativi trovino risposta. Un libro bellissimo, che lascia l'amaro in bocca... Assolutamente da non perdere.
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