La vita in tempo di pace

michele (29/07/2014) - Voto: 5/5
Avevo letto un paio di recensioni che accostavano questo libro a Underworld, e in genere i parallelismi tra scrittori italiani e americani mi destano qualche sospetto. Avendo molto apprezzato il romanzo di De Lillo, ho però voluto verificare. Nulla da eccepire, La vita in tempo di pace può davvero essere considerato l'Underworld "nostrano": oltre 60 anni di storia peninsulare (e non solo) raccontati lungo il percorso a ritroso della memoria di un uomo, l'ingegnere-filosofo Brandani, che ha vissuto a sufficienza per essere irritato e deluso dai suoi consimili e da se stesso. Con lo stesso feroce disincanto, il protagonista getta il suo sguardo sul presente e sul futuro prossimo, fino a ipotizzare e desiderare la fine della natura, la riduzione del mondo a un diorama di se stesso. Personalmente, ho trovato una forte affinità anche con Verso la fine del tempo di Updike: entrambi ambientati in un vicino futuro, la stessa lucida amarezza con cui il protagonista, precipitato nella senilità e nella malattia, rivisita i momenti cruciali della sua vita e della storia recente del suo paese, tenendo insieme i piani sfalsati del tempo personale e del tempo collettivo, e scrutandone il comune orizzonte di una conclusione ormai prossima.
Spartacus (28/07/2014) - Voto: 5/5
A tratti può sembrare farraginoso e di difficile interpretazione cronologica, il prima-il dopo. Poi rivela tutta la sua potenza narrativa e di analisi. Un libro profondo, autentico, di grande verità. Svela con efficacia la vita nostra, dell'uomo della seconda metà del novecento e dell'inizio del terzo millennio.
Nicola Intrevado (17/07/2014) - Voto: 4/5
Bello, bello davvero e affascinante, intenso in ogni suo aspetto. Avvolgente fino al punto da irretire il lettore fino a legarlo ad una dipendenza che si traduce nell' impossibilita' di darsi una pausa nella lettura mentre l' orologio segna l' una di notte. Inoltre, il migliore dei tre finalisti al SuperMondello ma questo e' un altro e diverso discorso, tuttavia la mia dichiarazione di voto e' questa. Lo voto. Ebbene si ! Sono uno dei 200 lettori identificati dalle 20 librerie italiane e scusate il disturbo di tale intrusione che nulla toglie agli altri due finalisti se non il mio voto ma Pecoraro e' il piu' bravo dei tre. Senza dubbio. Infine, non eccezionale : intendiamoci, non immortale e da tale da essere il libro da non perdere in modo assoluto, ma di una rara qualita' nella quale la produzione italiana contemporanea e' ben lontana da questo lavoro. Lontana fino al punto da scorgerla appena con un binocolo di grande perizia ottica e ancor piu' grande potenza risolutiva, ma va anche detto che il nostro livello attuale e' cosi' infelice e sconfortante, tapino che per seppellirlo si dovrebbe scavare dal basso. Qualche ripetizione di troppo c'e' e che avrebbe alleggerito il testo proprio dopo l' epilogo e inframezzata dai vari capitoli, dopotutto sono 508 pagine quindi non poche di certo, quindi una editing piu' fiscale avrebbe dato piu' garanzie di analisi riuscite. E qualche refuso di stampa qui' e la, anche questo va detto, quel tipo di svista che lo rende umano nella produzione e che sa tanto di artigianale, il resto va bene o meglio benissimo. Buona lettura a tutti. P.S. I miei non sono refusi ma errori ortografici, pensate quindi qual' e' il livello dei giurati !!!! Ancora buona lettura !
joe roberts (09/07/2014) - Voto: 5/5
Romanzo strepitoso: mentre leggevo, mi dicevo:"Finalmente!". Erano anni che aspettavo un romanzo italiano di tale spessore, di tale densità. Basta con i romanzetti esangui e accomodanti. Finalmente possiamo leggere un romanzo vitale, che mi porterò appresso per lungo tempo e sul quale tornerò quando sentirò il bisogno irrefrenabile di un'intelligenza spietata e lucida, che mi faccia vedere il mondo con occhi diversi dai miei e mi illumini lì dove la mia intelligenza non arriva.
francesco (09/06/2014) - Voto: 5/5
Il più bel romanzo italiano degli ultimi anni. Fluviale, diseguale, a volte persino irritante. Forse, ma è il mio modesto parere, manca di forte impronta linguistica ed è assolutamente privo d'ironia. Merita di essere letto come un quasi-capolavoro.